Mary Poppins sui Lungarni

Non so come l’uomo in bicicletta sia riuscito ad arrivare a casa, davvero non mi capacito. La posizione dell’ombrello e la torsione del busto suggeriscono che pedalasse controvento in aperta sfida alle forza della natura, come un novello Icaro, ma meno propenso a sfracellarsi al suolo e più portato a farsi spianare da un autobus. Per compiere uno sforzo simile, credetemi, bisogna avere buone ragioni.
Se avesse pedalato in direzione opposta avrebbe potuto sfruttare la forza del vento usando l’ombrello come vela per arrivare in leggerezza ovunque. Con un po’ di fortuna avrebbe perfino potuto sollevarsi dal suolo, come un attempato Mary Poppins, e vivere fantastiche avventure che lo avrebbero portato chissà dove, probabilmente a sbattere contro il torrione di Palazzo Vecchio, che in linea d’aria non è distante. Suppongo che col passare degli anni e con l’arrivo dell’artrosi anche la tata inglese, perdendo la capacità di padroneggiare le correnti ascensionali, avrà visto con orrore profilarsi all’orizzonte la sagoma oscura del Big Ben.

La chiesa che vedete sullo sfondo è la chiesa di San Frediano del Cestello che si connota per il piacevole strascico di casine che alla sua destra delimitano la piazza. Anticamente nel luogo c’era il monastero di “Santa Maria degli Angeli”, fondato nel 1450 per le “Nostre Sorelle Bianche”, come venivano appellate le donne consacrate secondo la Regola del Carmelo. Sappiano i più anticlericali che alla regola del Carmelo erano sottoposte le suore Carmelitane e che Carmelo era il nome di un monte della Terra Santa dove, nel XII secolo, alcuni crociati si ritirarono per condurre vita eremitica. Metti più eremiti in uno spazio ristretto e in breve avrai una contraddizione in termini che si risolverà con la fondazione di una comunità e, quindi, con un ordine monastico: questa era la prassi sociale nel medioevo. Una volta stabilite delle regole di convivenza si andava dal Patriarca, o da chi ne avesse facoltà, e si chiedeva l’approvazione da parte della Chiesa del nuovo stile di vita adottato. Se tutto andava bene qualcuno scriveva la Regola e l’Ordine veniva fondato. Poi cominciavano le scissioni, nel caso dei carmelitani fra “calzati” e “scalzati”. Spero che in realtà il diverbio non vertesse sull’opportunità di uscire di casa con o senza scarpe, spero abbia avuto ragioni più profonde e che la diatriba sull’uso dei calzini fosse soltanto una metafora legata alla rettitudine e al come approcciarla. Ma non sono ferrato in questioni teologiche e nel corso della storia abbiamo visto di peggio. Comunque sto divagando, rimaniamo in tema.

Nel 1628 le monache scambiarono il loro edificio con quello dei monaci cistercensi - sì amici anticlericali, ci sono anche dei monaci che si dicono cistercensi e no, amici anticlericali, non si esibiscono nei circhi - posto in Borgo Pinti. I nuovi arrivati affidarono a Gherardo Silvani il compito di costruire la nuova chiesa ma, dispiaciuti per l’idea di mettere la facciata su Borgo San Frediano anzichè verso l’Arno, l’incarico venne passato a Antonio Cerruti che terminò il progetto nel 1689. La facciata, mai portata a termine, è rimasta incompiuta. All’interno potrete ammirare - o anche disprezzare o rimanere indifferenti, a Firenze siamo tolleranti - opere di Matteo Bonechi, Alessandro Gherardini e Antonio Puglieschi. Se non sapete chi sono non vi preoccupate: nemmeno io lo sapevo fino cinque minuti fa.

Proseguendo lungo il Lungarno Soderini - andando a destra se guardate il fiume - c’è un passaggio che consente di arrivare sul greto dell’Arno e di raggiungere la Pescaia di Santa Rosa. Da questo punto, arrampicandosi sulla pescaia, è possibile avere uno scorcio rasente all’acqua dei Lungarni fiorentini, essere travolti dal fiume nelle giornate di piena e, per i meno agili, slogarsi una caviglia.

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